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Tu
sarai Giuda
Accadeva
ogni anno, a Pasqua, per la preparazione della recita della
Passione. Le insegnanti della Scuola Elementare incontravano la
stessa difficoltà: assegnare la parte di Giuda. Nessuno dei bambini
voleva vestire i panni del traditore, perché era un’ombra che
rimaneva addosso e significava subire lo scherno dei compagni. Ci si
mettevano anche i genitori che ogni anno intervenivano onde evitare
quella che ai figli appariva come un’onta indelebile. Così, di
solito, il ruolo veniva assegnato ai più remissivi o a quelli che
non avevano le spalle coperte.
Nel
1966 toccò a Nicola, l’alunno della quarta che viveva con la
nonna in assenza dei genitori che lavoravano in Germania. Lui ci
aveva provato, poverino, a trascinare la nonna a scuola per perorare
la sua causa, ma quella non ne aveva voluto sapere, aveva altro a
cui pensare, non guidava, era piena di acciacchi, e la scuola era
lontana. Del resto Nicola aveva pure le phisique du rôle, così aveva detto la maestra, magrolino e nero
com’era. Se avesse accettato senza fare storie, l’anno
successivo avrebbe avuto la parte di Gesù. I compagni avevano
sorriso un po’ scettici: Gesù lo facevano sempre quelli chiari e
biondi.
Ormai
Nicola era Giuda, e cominciarono le prove. Il bimbo si consolava
pensando che tanto nessuno dei suoi sarebbe andato ad assistere alla
recita. Papà e mamma avevano scritto che non sarebbero venuti
neanche per quella Pasqua (ormai non li vedeva da due anni ),
probabilmente non ci sarebbe stata neanche la nonna.
Arrivò
il fatidico giorno. La sera del mercoledì Santo il teatrino della
scuola pullulava dei parenti degli attori in erba. Alle spalle del
palcoscenico una baraonda di bambini che indossavano gli abiti di
scena, aiutati dagli insegnanti. La maggior parte erano comparse: la
folla che accompagnava Gesù alla condanna,
che lo seguiva sulla via del Calvario, che assisteva alla
crocifissione.
Durante
la prima scena, quella dell’arrivo di Gesù a Gerusalemme, Giuda
si confondeva con gli altri giudei festanti. Nella seconda invece,
l’ultima cena, doveva farsi avanti e, da infame, chiedere al
Maestro se sarebbe stato lui il traditore. Ma il momento più
importante e più odioso era quello della terza scena, nell’orto
degli ulivi. Qui Giuda doveva segnalare Gesù, baciandolo, una
sequenza fatta solo di gesti. Nella sala c’era un silenzio
tombale. Giuda si staccò dagli altri, tutte le luci erano su di
lui, si avvicinò lentamente al Maestro col volto in fiamme, e lo
baciò. Poi tornò nell’ombra, mentre i soldati prendevano Gesù e
lo legavano. E fu allora che Nicola, guardando verso il pubblico per
cogliere le temute impressioni di disprezzo, vide e riconobbe in
fondo alla sala il volto dei suoi genitori. Erano sorridenti e gli
facevano un gesto di saluto da lontano. Fu come un vento impetuoso
che spazzò via tutto: il palco, la recita, l’odiato abito di
Giuda, persino gli spettatori in sala. Nicola, come un’automa
continuò a svolgere il
suo ruolo sino alla fine, ma la mente era a quella sorpresa
inaspettata e gli occhi sul volto dei suoi.
Mentre
si chiudeva il sipario su Gesù
deposto, al pianto della Madonna, il bimbo dietro il palco già
si spogliava dell’abito di scena per correre all’uscita degli
spettatori. Dietro alla tela di proscenio penzolava, sinistra,
l’ombra del fantoccio di Giuda impiccato a un albero, ma Nicola
era già tra le braccia dei suoi.
Più
tardi, issato sulle spalle robuste di suo padre e una mano stretta
in quella di sua madre, passò trionfante in mezzo ad alunni e
genitori che sciamavano
per il rientro.
«L’anno
prossimo sarai Gesù»! Fu il saluto e l’impegno della maestra,
davanti a quel papà gigante.
Il
Gesù più magrolino e nero della storia.
Fu
una Pasqua indimenticabile.

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